Alt, alt, non fare confusione!
1) Non lo iota dopo l'alfa, ma lo
iota ascritto, cioè la variante maiuscola dello iota sottoscritto, non va pronunciato. Si tratta di una pura convenzione grafica: sotto una maiuscola lo iota sottoscritto è molto brutto da vedere, per cui lo si scrive alla sua destra. Resta però quello che è, ossia uno iota sottoscritto: e come tale non si pronuncia.
Vediamo l'esempio che hai citato:
Ἅιδης
ha qualcosa di strano e "sospetto": infatti, come sai, in greco spirito ed accento si scrivono sul secondo elemento di un dittongo (ι), mentre qua sono scritti accanto al primo (Ἅ).
Questo significa che quello iota è MUTO: non si pronuncia.
Diremo perciò:
hàdes.
In tutti gli altri casi invece si pronuncia.
Nel caso che hai citato, la cui grafia corretta è οἰκίαι, abbiamo a che fare con un comunissimo dittongo; inoltre la parola è minuscola, per cui il problema non si pone proprio: nelle minuscole lo iota si può benissimo sottoscrivere!
Quindi:
οἰκίαι = oikìai
mentre
οἰκίᾳ = oikìa.
2) Il sigma in greco antico è sempre sordo, come in "sasso".
Naturalmente noi italiani, pur sforzandoci, facciamo un po' di fatica a pronunciarlo sempre così, specie se intervocalico...
Ma vabbè, è un errore veniale.
3) La pronuncia del theta come semplice t e del chi come c dura è accettabile in mancanza di meglio; dovresti, se ci riesci, farle seguire da una leggera aspirazione, come accade di norma nel dialetto calabrese.
4) E' vero che gli aristocratici romani usavano spesso il greco per parlare tra di loro, specie a partire dal I secolo a.C.: per esempio, nel carteggio tra Augusto e sua moglie Livia riportato da Svetonio, il
princeps alterna disinvoltamente il greco al latino.
Se t'interessa, puoi ascoltare
QUA la lettura di un brano di Platone.