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πάρεσθ᾽ (Corona 177)

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Hard-Rain
view post Posted on 17/12/2017, 11:18     +1   -1




Salve!

In Demostene, Corona 177, abbiamo: τοῖς πωλοῦσι Φιλίππῳ τὴν πατρίδα πάρεσθ᾽ ἡ βοηθήσουσα δύναμις ἐν Ἐλατείᾳ

La domanda verte su πάρεσθ᾽ , dal punto di vista morfologico dovrebbe essere πάρεστι(ν) (cioè "è presente, è a disposizione), da πάρειμι = "παρά + εἰμί" (non "παρά + εἶμι") è corretto?

Lo chiedo in quanto la forma morfologica πάρεσθ᾽ non compare mai nelle orazioni di Demostene, che pure usa con una certa frequenza πάρεστι(ν), se non in questo verso.

Usa πάρεσθ᾽ perché dopo ha una eta (di ἡ βοηθήσουσα)? Non avrebbe potuto usare ny efelcistico, come fa in altri casi? Per esempio sempre nella Corona in 198 abbiamo πάρεστιν Αἰσχίνης, dove vi è l'uso del ny efelcistico (davanti ad alfa).

Ho visto anche che i casi di πάρεσθ᾽ compaiono negli autori di periodi più antichi ad esempio Sofocle (Fil. 1420), Aristofane (Pl. 814 o ad es. Ves. 235).

In conclusione sono a chiedere in primis se in Corona 177 πάρεσθ᾽ corrisponde effettivamente a πάρεστι(ν), in subordine se si può immaginare una qualche ragione grammaticale perché l'ha usata o se è solo per motivi eufonici.
 
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view post Posted on 18/12/2017, 21:58     +1   -1
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Ciao. :)
Certo, corrisponde a πάρεστι (da παρά + εἰμί, non c'è dubbio, perché la 3a persona sing. di εἶμι è εἶσι).
La forma è del tutto normale: non solo perché l'uso del ν efelcistico non è affatto obbligatorio, ma soprattutto perché, se avviene l'elisione di una consonante sorda seguita da uno spirito aspro, come in questo caso (ἡ), è obbligatorio trasformare la sorda in aspirata.
Il punto infatti non è la presenza di una vocale, ma la presenza dell'aspirazione.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 27/12/2017, 11:32     +1   -1




Grazie 1000!
Devo dire che la lettura della Corona è molto istruttiva e fa comprendere bene la mentalità greca di quel tempo. Mi sono sempre chiesto, in effetti, come fosse possibile immaginare sul piano politico assegnare a Demostene una "corona", al giorno d'oggi sarebbe una cosa impossibile, basta vedere come vengono trattati i politici che hanno fallito (vabbè, qualche poltrona di privilegio la si trova anche per loro, se vogliamo essere pignoli).
Insomma, premiare Demostene oggi sarebbe abbastanza strano, colui che si è messo contro la storia, che non aveva capito i tempi che stavano cambiando, che Filippo di Macedonia era inarrestabile, che le città greche erano troppo divise, che ha convinto gli ateniesi ad affrontare battaglie puntualmente perse con grave dispendio di vite umane...
Poi però leggi i paragrafi in particolare dal 199 in poi e scopri che la mentalità del tempo era profondamente diversa. In quella parte dell'orazione Demostene ci dice con un'iperbole che gli Ateniesi sono nati non solo da un padre e da una madre ma dalla loro patria (cioè Atene), che l'onore della patria va difeso a qualunque costo e che è meglio morire piuttosto che vivere in una patria asservita a una potennza straniera: questo concetto è profondamente lontanto dalla nostra mentalità moderna post seconda guerra mondiale dove indubbiamente si pensa che ciò che va preservato non è l'onore della patria ma la pace e la tranquillità sociale a qualunque costo.
Inoltre si apprende molto bene che anche gli sconfitti della storia (come Demostene) hanno la stessa dignità e meritano lo stesso onore dei vincitori, perchè su tutte le vicende umane vi è una componente dovuta alla virtù (cioè l'ἀρετή), di pertinenza "umana", ma vi è una altrettanto importante componente metafisica, la Fortuna (da intendersi come la sorte, il destino), cioè la τύχη, che interviene a modificare e condizionare il corso degli eventi senza che l'uomo possa contrapporvisi (tutto il primo capitolo e anche altre parti del bel libro di E.R. Dodds, I Greci e l'irrazionale, è dedicato a questo aspetto della mentalità greca). Quindi Demostene ha fatto previsioni politiche sbagliate, cioè che non si sono tramitate in successi militari e politici? Mica è colpa sua, lui si è comportato come cittadino di valore, ha privilegiato l'onore e l'indipendenza di Atene su tutto, come la storia di Atene lo invitava a fare, mica è colpa sua se poi la τύχη è intervenuta favorendo Filippo di Macedonia. Oggi un concetto del genere è inaccettabile, non si ammette che il piano irrazionale possa essere addotto a scusante di una cattiva operazione. Ve lo immaginate un Renzi che dopo aver perso il referendum dà la colpa alla τύχη e dice che non è colpa sua (ok .... in effetti alcune volte lo fa...)? O un Padoan che incolpa la τύχη se il PIL è calato contro le sue previsioni? Non sarebbe accettabile. Invece ai tempi di Demostene si poteva spingere gli Ateniesi alla disastrosa battaglia di Cheronea e comunque essere incaricati di tenere l'elogio funebre per la battaglia stessa.

Edited by Hard-Rain - 27/12/2017, 12:00
 
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view post Posted on 1/1/2018, 19:42     +1   -1
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Tutto giusto quello che dici, Hard Rain (a proposito, buon anno! :) ), ma quello che proprio trovo inaccettabile è il paragone tra Demostene e Renzi o Padoan. Le cose stanno anzi in modo diametralmente opposto.
Demostene ha messo al primo posto i VALORI della patria e dell'onore, considerando preferibile la morte alla sottomissione allo straniero.
Renzi e Padoan, al contrario, non hanno alcun valore da difendere, ma solo il becero interesse economico della cosiddetta "finanza internazionale" che, attraverso i trattati europei, ci ha sottomessi, rendendoci schiavi e distruggendo l'economia della nostra nazione, che prima dell'ingresso nell'eurozona era la 5a potenza economica mondiale.
Renzi poi ha attentato alla nostra Costituzione: al tempo di Demostene (o piuttosto di Temistocle) sarebbe stato processato per Alto Tradimento ai sensi della graphè paranònom.

Quindi, mi dispiace, ma il paragone proprio non regge: da un lato abbiamo un Patriota con la P maiuscola (Demostene), dall'altro due antipatrioti per scelta di comodo. Che come tali, se falliscono, non possono incolpare la Tyche, ma solo ed esclusivamente se stessi.

Edited by Arianna… - 2/1/2018, 21:21
 
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Hard-Rain
view post Posted on 2/1/2018, 18:07     +1   -1




:-) Buon anno anche a te.
Non volevo paragonare i politicanti (insignificanti) del nostro tempo con Demostene, in effetti l'accostamento è sbagliato, volevo soltanto dire che l'elemento "Sorte" oggi è sostanzialmente inapplicabile (inteso alla maniera dei Greci) nel nostro mondo moderno, si può sbagliare ma per colpe proprie della persona o, al più, per la "congiuntura"... In ogni caso si sbaglia e si chiude l'esperienza (o dovrebbe essere così). Stavo pensando se nella storia politica recente ci sono stati illustri sconfitti che siano stati premiati per qualcosa o riabilitati o mai processati...
Sono d'accordo con te anche sul resto, però alla fine resta una domanda di fondo: che cos'è il bene dello Stato, se lo intendiamo come comunità dei cittadini e non come astratta macchina burocratica che assicura un ordine sociale fine a sé stesso ed autoreferenziale? Difendere l'onore davanti allo straniero senza scendere a patti anche se è più forte oppure assicurare la tranquillità sociale e il male minore ai cittadini, eventualmente scendendo a compromessi assolutamente "morotei"? Forse Demostene la pensava in un modo ed Eschine nell'altro, però il "complottismo" (accuse di corruzione, ecc....) ovviamente esisteva già anche a quei tempi e credere alla buona fede dell'uno piuttosto che dell'altro è estremamente complesso!

Grazie 1000 per le preziosissime consulenze.
 
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view post Posted on 2/1/2018, 21:12     +1   -1
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Capire cos'è il bene dello Stato e dei cittadini è impresa veramente ardua, come ben sa soprattutto Platone che ha dedicato buona parte dei suoi sforzi esistenziali e filosofici all'identificazione di questo bene, ma il punto è un altro: che prima di tutto bisogna averlo di mira, questo interesse collettivo.
POI si può discutere di cosa sia o non sia: se coincida con il "quieto vivere" e con una vita pavida e sottomessa (Eschine), oppure con una reazione virile e coraggiosa contro l'oppressore (Demostene).
MA certamente non coincide con l'interesse di pochi potenti che detengono il monopolio del potere finanziario mondiale, ed è proprio al servizio di questi interessi di pochi che si sono posti i vari Renzi, Padoan e compagnia bella.
Come ti ripeto, ai tempi di Temistocle sarebbero stati condannati a morte per Alto Tradimento. Possono solo ringraziare che vivono in tempi di cervelli ammuffiti e coscienze sopite.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 3/1/2018, 09:31     +1   -1




Concordo con te ed è interessante che alla fine il tuo ragionamento alla fine si conclude con la constatazione che viviamo in tempi di "mollezza" morale e pratica (per usare un eufemismo), la cosa è tanto più grave se si considera che viviamo in un'epoca di informazione. Intanto in Italia vediamo cosa succede il 4 marzo, anche se non è da escludere che alla fine ci siano tre vincitori, nessuno sconfitto, si faccia fatica a formare un governo politico e alla fine si tiri avanti con uno pseudo tecnico Gentiloni bis... sostenuto dai soliti con un appoggio esterno. Se l'elettorato non si polarizza e gli italiani continuano ad essere divisi su tutto, le cose ristagneranno. L'establishment ci sguazza nelle divisioni, una volta non si diceva forse "dividi et impera"? :-)
 
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view post Posted on 4/1/2018, 09:53     +1   -1
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Carissimo, una parte consistente del problema è rappresentata forse proprio dalla quantità di informazioni, fra cui tra l'altro è arduo discernere il vero dalle bufale.
Ma non è tanto questo il problema, a mio parere. Ad essere distruttivo per i nostri cervelli è proprio il continuo bombardamento di "informazioni" di vario genere e di varia natura, che ci inseguono ventiquattr'ore su ventiquattro attraverso quei micidiali aggeggi che chiamano smartphone.
"Pensare", come giustamente osserva Scardovelli in un suo recentissimo intervento video, significa alla lettera "soppesare", e per poterlo fare occorrono tempo, tranquillità, disponibilità mentale e morale.
Il continuo bombardamento di stimoli di diversa natura ce lo impedisce e sostanzialmente produce l'effetto opposto al pensiero: la distrazione.
E' per questo che il potere incentiva l'uso della tv e degli smartphone: perché sa di avere già vinto la partita con questi mezzi di pseudo-informazione, in realtà di distrazione. Nessuno è mai veramente dov'è, nessuno è mai veramente attento a quel che fa, nessuno presta mai veramente ascolto a quello che dice qualcun altro accanto a lui/lei. Uno dei segni più tangibili della sovrana intelligenza di Plutarco è proprio l'essersi reso conto (già allora) che la cosa difficile non è parlare, ma ascoltare: ha dedicato a questo uno dei Moralia.
La tv, poi, spaccia coralmente solo menzogne: è inaudita la faccia tosta con cui i giornalisti ci propinano versioni di comodo, pseudo-soluzioni, rassicurazioni inconsistenti, stupidaggini da bambini di tre anni, attraverso i tg (tutti, senza eccezione), presupponendo in noi una dabbenaggine tale da crederci. Facci caso: la pubblicità si rivolge a noi come fossimo appunto bambini di tre anni o poco più, e questo risponde ad un intenzionale progetto di riduzione dell'utenza ad un livello infantile, pre-critico. Se vuoi ridurre una persona ad un livello puerile basta che tu la tratti come un bambino: purtroppo funziona. A quel punto l'hai in pugno.
Potresti obiettare che la televisione trasmette anche, ad esempio tramite Sky, magnifiche serie televisive, ed è vero: sono realizzate davvero bene. Ma a conti fatti, trascinandoci su campi di battaglia immaginari o virtuali, contribuiscono anch'esse a portarci lontano dal campo di battaglia reale.
L'unica speranza non è tanto un improbabilissimo risveglio delle coscienze, quanto piuttosto una variabile impazzita, non so dirti di quale natura.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 4/1/2018, 12:42     +1   -1




Ho letto con attenzione. Commento dicendo che se non altro l'epoca dell'informazione almeno permette scambi di vedute e opinioni a distanza, rende accessibili risorse che un tempo erano impensabili e da fonti diverse, quindi eventualmente confrontabili, se non vi è naturalmente censura.
Sono consapevole dei limiti dell'informazione "di massa" però cerco di prendere il buono che eventualmente può dare.
E' grazie ad essa se ad esempio un ingegnere che si occupa di elettronica, radiofrequenze e matematica può dialogare con una professoressa di greco in una conversazione, credo, che avviene con franchezza di parola non pilotata né controllata dal "potere" o dall'establishment (almeno ci spero ;-)). Come sai studio e leggo quel po' di greco che riesco a fare nei momenti in cui ho tempo e una attività del genere sarebbe stata molto difficile vent'anni fa: oggi si ha accesso a molte fonti, documenti, a perseus, ai vocabolari su pc che rendono estremamente veloci le operazioni, la cosa poi più importante per me sono i forums (questo ne è un esempio) dove persone esperte possono consigliarti sul tal libro da acquistare, sul modo di procedere per un dato problema e mille altre cose.
Per me la moderna informazione tecnologica è tutto sommato un bene, cioè si sta meglio rispetto a quando non c'era. E' chiaro che non supplisce all'intelligenza: le fonti e le campane sono moltissime, c'è chi fa volutamente cattiva informazione o disinformazione, sta nell'intelligenza di chi legge e cerca documentarsi e approfondire oltre il supporto informatico e la rete.
Forse, ma è una mia opinione, dovrebbe essere il binomio istruzione + nuove tecnologie a fare la differenza. Con le sole nuove tecnologie non si va molto lontano, se cioè non vi è una certa capacità di discernimento e di confronto delle fonti, oltre alla consapevolezza che le cose, in qualunque settore, vanno sempre approfondite e non lasciate allo scarno contenuto di una paginetta di internet. Pertanto il passo successivo dovrebbe essere quello in cui uno Stato assicura o favorisce un'istruzione di alto livello ai suoi cittadini: sempre che l'establishment, come s'è detto più volte, abbia interesse a farlo ;-)
Saluti!
 
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view post Posted on 8/1/2018, 01:28     +1   -1
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Carissimo, concordo su molte delle tue osservazioni.
La rete è, fra l'altro, un insostituibile mezzo di accesso ad informazioni non mainstream, anche se discernere il vero dalle bufale è difficile, e certamente senza di essa io non saprei quasi nulla di quello che so.
Il problema, infatti, non è la rete in sé, quanto piuttosto l'uso superficiale e veloce che se ne fa, paragonabile agli effetti distruttivi dello zapping televisivo. Saltabeccare di continuo da un'informazione all'altra, come si fa con lo smartphone ma anche con il telecomando, significa in sostanza distruggere il fondamento stesso del pensiero: la capacità di concentrazione.
Ma questo tu lo sai benissimo. :)
 
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Hard-Rain
view post Posted on 28/1/2018, 14:36     +1   -1




Mi è rimasto l'ultimo dubbio sulla Corona, poi dopo vari mesi ormai ho concluso e passo ad altro.

Nella maledizione conclusiva di Demostene (18, 324) τούτους μὲν αὐτοὺς καθ᾽ ἑαυτοὺς ἐξώλεις καὶ προώλεις ἐν γῇ καὶ θαλάττῃ ποιήσατε (il soggetto sono gli dei) l’espressione καθ᾽ ἑαυτοὺς come va intesa dal contesto?

I traduttori la rendono “sterminate e annientate essi soli, ecc…” come se “καθ᾽ ἑαυτοὺς” fosse equivalente a “μονους”, è possibile invece interpretare il tutto “fate in modo che si annientino e si distruggano da soli” (cioè da se stessi) nel senso che augura agli avversari di auto-distruggersi con le loro politiche sbagliate?
 
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view post Posted on 29/1/2018, 13:01     +1   -1
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Concordo con te: "essi soli" mi sembra una traduzione inappropriata e anche fuori luogo rispetto al contesto, una zeppa, tautologica e inutile.
Non può però significare "distruggersi da soli", perché suppongo che a questo punto Demostene avrebbe optato per un più pratico medio, e non per l'attivo con l'oggetto αὐτοὺς καθ᾽ἑαυτοὺς.

Con il riflessivo di terza persona si trova ad esempio in Erodoto, Storie 5.15 con tutt'altro significato: κατ᾽ἑωυτοὺς ἕκαστοι ἐτράποντο, "fecero ritorno ciascuno alla propria casa", non certo "ciascuno alla sua unica casa".
Inoltre κατά + accusativo ha spessissimo valore distributivo.

Si potrebbe pensare quindi ad una traduzione di questo tipo:
"sterminateli e annientateli uno per uno".

Ma non senza dubbi: la trovo debole e insignificante, e Demostene non è mai debole e insignificante, specialmente in una maledizione finale.

Edited by Arianna… - 29/1/2018, 13:28
 
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view post Posted on 29/1/2018, 13:23     +1   -1
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Spesso però κατά + accusativo ha senso di ostilità, e quindi potrebbe significare "contro se stessi".
Guarda qui nella Terza Filippica (par. 33):

ἀλλ' ὅμως ταῦθ' ὁρῶντες οἱ Ἕλληνες ἀνέχονται, καὶ τὸν αὐτὸν τρόπον ὥσπερ τὴν χάλαζαν ἔμοιγε δοκοῦσιν θεωρεῖν, εὐχόμενοι μὴ καθ' ἑαυτοὺς ἕκαστοι γενέσθαι, κωλύειν δ' οὐδεὶς ἐπιχειρῶν.

"Ma tuttavia, pur vedendo questo, i Greci lo sopportano, e mi sembra che lo osservino come osserverebbero la grandine, ciascuno pregando che non si abbatta su di lui, ma nessuno tentando di impedirla".

Mi sorge quindi il dubbio che Demostene intendesse dire proprio "contro se stessi", con un'espressione pregnante; come a dire: "questi traditori pregano per la distruzione della patria; o Dèi, non permettetelo, ma ritorcete contro di loro i loro stessi auspici di distruzione e di sterminio".

Non so se sono riuscita a far capire cosa intendo, ma io in questa frase di Demostene (con cui ho una vecchia storia di empatia) ci sento questo.
 
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Hard-Rain
view post Posted on 29/1/2018, 19:59     +1   -1




Ciao, anche io avevo infatti avuto grosso modo la tua stessa impressione. Vari traduttori (ma spesso si inseguono tra di loro e non fanno traduzioni da zero con la mente sgombra dalle influenze di altri traduttori illustri che li hanno preceduti) intendono la frase così:

"sterminate e annientate essi soli" (A. Porro in Demostene Orazioni Scelte ed. Mondadori)
"consign them, and them alone, to utter" (Vince in Demosthenes, Harvard University Press, 1926)

Ho consultato anche il vecchio M. Cesarotti, che però di fatto non prende posizione e traduce così: "sperdetegli, sterminategli in terra e mare, ecc..."
 
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view post Posted on 29/1/2018, 20:36     +1   -1
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Non prendere posizione in caso di dubbio è sempre molto comodo, ma io credo che in questo caso abbiamo ragione noi. ;)
 
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